Il gas radon in case e uffici è la seconda causa di tumore ai polmoni (e c’è in tutti gli edifici)
Gas Radon
Secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, il 10 per cento circa dei 41.500 nuovi casi di carcinoma polmonare che si registrano ogni anno in Italia è attribuibile al radon. Incolore, insapore e inodore, questo gas naturale è presente nel suolo e in quasi tutti gli edifici ed è responsabile di metà delle radiazioni che assorbiamo nell’arco della vita.
Che cos’è il radon?
«Circa la metà delle radiazioni che assorbiamo nell’arco della vita deriva dal radon, un gas che si sprigiona naturalmente dalle rocce, riconosciuto dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione come agente per cui vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità sulla base di studi epidemiologici sull’uomo – spiega Francesco Bochicchio, direttore del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni all’Istituto Superiore di Sanità -. Derivato dal decadimento dell’uranio, il radon è un gas incolore, insapore e inodore che si trova in piccole quantità nel suolo e nelle rocce e in alcuni materiali da costruzione. Quando dal suolo fuoriesce all’aperto si disperde in aria rimanendo quindi a concentrazioni molto basse (pochi Becquerel al metro cubo, Bq/m3, l’unità di misura della radioattività). Quando invece penetra in un edificio, si concentra e può raggiungere anche valori di centinaia o, più raramente, di migliaia di Bq/m3».
Dove si trova?
«Il radon è presente, sia pur in diverse quantità, in tutti gli edifici – dice l’esperto -. Le regioni dove sono più numerosi valori elevati di concentrazione sono Lazio, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Campania, ma in quasi tutte le regioni ci sono zone più o meno estese, in relazione alle caratteristiche dei suoli e degli edifici».
Perché è cancerogeno?
Quando respiriamo, inaliamo anche il radon e altri radioisotopi generati dal radon presente nell’aria interna degli edifici (isotopi del polonio, del bismuto e del piombo) che emettono radiazioni che possono colpire e danneggiare le cellule (soprattutto il DNA) dell’apparato bronco-polmonare. «Questi danni sono generalmente riparati dalle cellule – chiarisce Bochicchio -, ma c’è una probabilità (proporzionale al numero di danni e quindi alla quantità di radon) che qualcuno di questi “guasti” non venga aggiustato correttamente e col tempo diventi un tumore ai polmoni. I diversi studi sull’argomento non hanno trovato ad oggi relazioni accertate con altre forme tipi di cancro o altre malattie».
Chi rischia di più?
«Purtroppo ad oggi non è stata identificata una soglia sotto la quale il rischio sia zero – dice l’esperto -: il rischio è proporzionale al prodotto tra la concentrazione media di radon e il tempo di esposizione. Quindi minore è questo prodotto e minore è il rischio. Esposizioni molto lunghe a concentrazioni medio-basse (come quelle in casa) comportano un pericolo maggiore di esposizioni molto brevi a concentrazioni più alte. Va evidenziato che il rischio di tumore polmonare, a parità di concentrazione di radon, è molto più alto (ben 20 volte) per i fumatori rispetto ai non fumatori, in quanto c’è un effetto moltiplicativo tra fumo di sigaretta e radon».
Quali sono i livelli considerati accettabili?
La direttiva europea 2013/59/Euratom sulle norme di sicurezza di base contro l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, non ancora recepita dall’Italia, prevede che gli Stati Membri stabiliscano un livello di riferimento (non superiore a 300 Bq/m3, sia per le abitazioni che per i luoghi di lavoro) sopra il quale si deve senz’altro intervenire per ridurre la concentrazione media, ma anche se si misurano valori inferiori al livello di riferimento bisogna cercare di ridurli.
Come sapere quanto radon c’è in casa o in ufficio?
«Va ribadito che, a parità di concentrazione, il rischio è maggiore nelle abitazioni che nei luoghi di lavoro, a causa del maggior tempo che vi si trascorre – sottolinea Bochicchio -. Misurare la concentrazione di radon è molto facile e poco costoso: si utilizzano piccole scatoline contenenti un frammento di plastica simile a quella delle lenti degli occhiali sul quale le radiazioni emesse dal radon lasciano delle tracce che possono poi essere ingrandite e contate in laboratorio. Dato che la concentrazione di radon varia nel corso della giornata e delle stagioni, la normativa richiede che queste scatoline (comunemente, anche se erroneamente, chiamate “dosimetri radon”) siano esposte per un anno, così da ottenere un valore medio rappresentativo».
Quali controlli bisogna fare negli ambienti?
Nelle abitazioni è sufficiente misurare la concentrazione di radon nei due locali dove si passa la maggior parte del tempo, generalmente una camera da letto e il soggiorno. I dosimetri vanno posizionati dove possono stare a lungo (un anno) senza rischiare di perderli, ad esempio sopra un armadio.
Quali sono i luoghi più pericolosi?
«Come per tutti i cancerogeni, anche nel caso del radon bisogna cercare di ridurre il più possibile l’esposizione e quindi la sua concentrazione in casa – spiega Bochicchio -. Ci sono situazioni in cui, in genere, le concentrazioni sono più elevate, come in caso di locali al piano terra o di locali poco ventilati, ma le variabilità sono così elevate che la cosa più semplice e affidabile (e poco costosa) consiste nel misurare la concentrazione di radon e successivamente, soprattutto se il valore riscontrato è di alcune centinaia di Bq/m3, rivolgersi a servizi in grado di ridurla. Una cosa generalmente fattibile con interventi ( il cui costo si aggira fra mille e 2mila euro) che riducono l’ingresso di radon nell’edificio aspirandolo dal suolo sottostante e disperdendolo all’aria aperta».
Come limitare i rischi?
Oltre a misurare la concentrazione di radon nei luoghi chiusi dove si trascorre più tempo e, se necessario, provvedere a ridurla, è importante non fumare. «Va evidenziato che i tabagisti possono ridurre di molto il rischio da radon smettendo di fumare a causa dell’effetto moltiplicativo tra radon e fumo di sigaretta – conclude Bochicchio -. A causare il tumore polmonare, nella stragrande maggioranza dei casi, è il fumo, attivo e passivo. Il cancro ai polmoni in genere non dà segno della sua presenza per lungo tempo e quando provoca disturbi è ormai già arrivato ad una fase avanzata, per cui le cure riescono a fermarlo solo in una piccola percentuale di casi. I sintomi, quando compaiono, possono essere tosse, respiro difficoltoso o sibilante, raucedine, perdita di peso, strisce di sangue nell’espettorato. La cosa migliore quindi è fare prevenzione, che in questo caso significa non fumare e ridurre la concentrazione di radon in casa».
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